9 Marzo 2021 – Gli anni Ottanta, il Festival e poi quel set con il fratello Ricky che, improvvisamente, cambiò tutto…
«Molto semplice: quel film mi cambiò letteralmente la vita». Gianmarco Tognazzi risponde al telefono e, d’improvviso, fa un salto indietro di oltre trent’anni, ancora prima delle riprese e dell’uscita di Ultrà, di cui noi di Hot Corn celebriamo il trentennale in questi giorni con una serie di interviste: «Sì, facciamo un passo indietro», dice Tognazzi. «Siamo negli anni Ottanta, a un altro Sanremo, quello dei figli d’arte. Ricordate? Quello che presentai indegnamente, lo ammetto», ride. Era Sanremo 1989, presentato da Tognazzi con Rosita Celentano, Paola Dominguin e Danny Quinn. «Un’altra epoca. Dopo quell’esperienza decisi di cambiare strada: mi misi a studiare con Beatrice Bracco insieme a Kim Rossi Stuart, comincio a fare assistente alla regia cercando la mia strada…».
Poi arriva Ultrà, di cui Gianmarco inizialmente deve fare unicamente assistente alla regia con un giovanissimo Ferzan Ozpetek, ma prima però c’è una sera a teatro dove accade qualcosa: «Siamo al teatro Argot di Roma, in via Natale del Grande, a Trastevere: io e Giulio Base portiamo in scena Crack, una sua pièce che poi diventerà un film. Alla prima vengono a vedermi mio padre Ugo e proprio Ricky: siamo nel gennaio del 1990 e, in quel momento, cambiano molte cose, anche nel rapporto con papà che da quel momento mi vede in maniera diversa». Anche Ricky probabilmente vede qualcosa di differente e proprio lì comincia a nascere Ciafretta, il ruolo che Gianmarco interpreterà in Ultrà qualche mese dopo.
IL MIO RUOLO – «Ciafretta arriva dopo, quando siamo quasi alla fine della pre-produzione del film. Ricky e Simona (Izzo, sceneggiatrice del film, nda) mi dicono che forse c’è un ruolo per me. Ecco, quello diventa il mio primo vero ruolo. Sì, c’erano state le comparsate a fianco di Ugo ne Il petomane, avevo già lavorato con Claudio (Amendola, nda) in Vacanze in America, ma questa volta si faceva sul serio, era il primo personaggio che mi trovavo veramente a costruire dall’interno. Ed ecco Ciafretta, il mio romanista morbido, che si occupa di adesivi e che si ritrova in quel gruppo, tra Principe, Red e Smilzo».
IL CALCIO – «Per me il calcio era sempre stata una malattia. Io, grande milanista, capace di fuggire da Roma per andare a San Siro a vivere anche i momenti peggiori del Milan, poco prima dell’arrivo di Berlusconi e dei trionfi di Sacchi. Partivo da Velletri per andare in curva, nelle Brigate Rossonere, già nel 1984, mentendo a mio padre, dicendo che andavo da amici, con mia nonna che mi copriva. Sapevo bene quindi di cosa si parlava quando si parlava di tifo e di passione calcistica, di quel trasporto quasi cieco che ti porta a seguire ovunque la tua squadra».
Il SET – «Sul set di Ultrà si creò subito una bella atmosfera, eravamo un bel gruppo, ho dei ricordi splendidi, intensi. Fu un’esperienza collettiva. Ricky riuscì a dare forma a tutto quello, fu bravissimo nel capire cosa e come filmare e alla fine io onestamente non mi stupii che a Berlino vinse l’Orso d’argento. Noi italiani siamo sempre ipercritici con tutto quello che facciamo, ci facciamo sempre del male, ma già sul set di Ultrà si capiva che il film era destinato a rappresentare qualcosa, a rimanere impresso, che non sarebbe svanito nel nulla dopo poco tempo. Perché? C’era dentro troppa verità».
IL FILM – «L’ultima volta che ho visto Ultrà? Un paio di anni fa forse, in Dvd. Sono il collezionista di famiglia, quindi conservo tutto, qualsiasi cosa girata o filmata. La cosa incredibile è che comincio sempre a vederne un pezzetto e poi non riesco più a smettere, perché è un film che ti tira dentro immediatamente. Ultrà è dentro di me, è un pezzo di me, ci penso ogni estate quando vado a prendere il traghetto per la Sardegna e passo proprio vicino a Torre in Pietra, nella zona dove girammo la scena del vagone. Ci butto uno sguardo e un sorriso: quel ricordo mi fa ancora bene…».
fonte: www.hotcorn.com/it/film/news/gianmarco-tognazzi-ultra-anniversario-roma-tifosi-sanremo/