29 gennaio 2018 – di Lorenzo Canali
Brooklyn, novembre 1938. Sylvia Gellburg, ebrea, casalinga, viene improvvisamente colpita da un’inspiegabile paralisi agli arti inferiori. Il medico, Herry Hyman, suo coetaneo e conoscente, è convinto della natura psicosomatica del male e, al tempo stesso, è sentimentalmente attratto dalla donna, mentre il marito di Sylvia, Phillip, non riesce ad accettare quanto sta accadendo.
È una storia americana il dramma “Vetri Rotti” in scena l’1 febbraio al Cinema Teatro di Chiasso, ma, ben presto emerge che Sylvia è ossessionata dalle notizie delle persecuzioni contro gli ebrei in Germania. Intorno alla Giornata della Memoria questa piecè che vede sul palcoscenico tre big come Elena Sofia Ricci, Gianmarco Tognazzi e Maurizio Donadoni è un’altra occasione per riflettere sulla Shoa e sui suoi effetti anche lontatno dall’Europa stravolta dalla guerra. Cosa è successo a Sylvia Gellburg? Perchè le sue gambe, improvvisamente, non si muovono più? Il racconto personale della donna si intreccia con il contesto storico di riferimento, gli echi della Kristallnacht che rimbombano in tutte le comunità ebraiche del mondo e, forse, l’angoscia della protagonista per quegli avvenimenti si somma ad altre fonti di frustrazione ed inquietudine. Il corpo e la psiche di Sylvia vanno in frantumi, insieme alle vetrine dei negozi di proprietà degli ebrei berlinesi. I due uomini che le sono più vicini, il marito e il medico tentano due cure opposte: il primo minimizza le notizie sempre più preoccupanti che arrivano dalla Germania, il secondo le trasmette forza ed energia per reagire.
Una lettura psicosomatica dell’avvento nazista e dell’orrore dell’Olocausto. È questa la chiave indicata dall’ottantenne drammaturgo americano Arthur Miller per la sua ultima opera, ”Broken glass” (”Vetri rotti”). la cui prima ufficiale ha avuto luogo al Long Wharf Theatre di New Haven il 1° Marzo 1994. L’edizione italiana ha debuttato a Bologna il 28 febbraio 1995, per la regia di Mario Missiroli, con Valeria Moriconi nella parte di Sylvia Gellburg. Miller, trattando il tema immenso dell’Olocausto, torna pacatamente indietro alla ricerca delle proprie percezioni e sensazioni di allora, ambientando questo dramma in una Brooklyn isolata e provinciale, soddisfatta della propria mediocrità.
Fonte: ciaocomo.it