ROMA  03/05/2023 – di BEATRICE CECI

L’ultimo lavoro di Edoardo Erba porta in scena una rivisitazione di Shakespeare, del Teatro, dell’Amicizia. Persino della morte.

Alcune recensioni si scrivono da sole. Basta pensare allo spettacolo al quale si è assistito e le dita scorrono sulla tastiera dando un aspetto “visivo” ai pensieri, alle impressioni, ai ricordi. Altre hanno bisogno di un’elaborazione più lunga, come se quello che abbiamo visto dovesse essere metabolizzato e/o accettato, similarmente alla morte, quella di un familiare, o magari quella di un amico che va accettata e portata, in qualche modo, nella propria vita. Ed è quello che hanno fatto Gian Marco Tognazzi, Renato Marchetti e Fausto Sciarappa, grazie a Edoardo Erba, drammaturgo e regista de “L’onesto fantasma”, omaggio allo scomparso (nel 2020) Artista, Amico e Attore Bruno Armando. 

Gallo (Tognazzi), Costa (Marchetti) e Tito (Sciarappa) ricordano l’appena scomparso amico e collega Nobru. Il dolore è recente e vedere dei video sul telefonino sembra aprire una ferita che non riuscirà mai più a rimarginarsi. Sembrano farsi coraggio e darsi sostegno a vicenda, così come hanno fatto durante la tournée che li ha visti, in quattro, inseparabili.

Qualche tempo dopo però ritroviamo il quartetto, diventato trio, ulteriormente assottigliato. Gallo ha fatto carriera, è diventato un attore di spicco della cinematografia, è sempre sul set ed ha addirittura l’autista. Sono rimasti in due a sentirsi -Tito e Costa – che, invece, “vivacchiano”. Il primo aiuta il suocero nell’attività di edicolante e Costa è addirittura indietro con l’affitto. A quel punto scatta l’idea: Costa vuole, con l’aiuto di Tito, convincere Gallo a mettere in scena “Amleto”. Ha praticamente già “venduto” il suo nome in cartellone al produttore, ma il problema è proprio Gallo. Dopo la morte dell’amico non vuole più mettere piede in teatro perché si sente come “amputato”.

Dopo la morte di Nobru, della loro compagine è come se fosse apparso un “senza” (senza Nobru) vicino al loro nome, al loro vivere: Costa – Senza, Tito – Senza, Gallo – Senza. E la star cinematografica sembra irremovibile: non farà Amleto per nessun motivo, ancora di più quando Costa gli propone di mettere il nome dell’Amico in cartellone nei panni del Fantasma, perché lo trova di cattivo gusto. Scatta l’ingegno di Costa, con Tito che “subisce” quasi passivamente il piano: far hackerare il telefono di Nobru da un conoscente informatico e chiamare di notte Gallo per dare l’impressione che Nobru non solo approvi, ma anzi sostenga l’idea di un Amleto messo in scena dai tre. La telefonata arriva e sconvolge prima Gallo e poi l’intera dinamica del gruppo, perché sembra che con l’apparizione di Nobru si palesino anche verità nascoste, rancori repressi e… vendetta. Il resto e soprattutto il finale, per nulla scontato eppure in qualche modo desiderato,  va visto e vissuto sul palco, assistendo a “L’onesto fantasma” che si “presenta” in ogni momento dello spettacolo mettendo gli amici davanti a sé stessi, all’amicizia, alla propria coscienza.

La pièce è un perfetto ingranaggio metateatrale nella quale si sviluppano parallelamente più storie e più descrizioni: si racconta il Teatro, con gli alti e bassi che contraddistinguono la vita di un artista; si racconta la perdita; l’accettazione; si raccontano i rapporti affettivi. I passaggi dell’Amleto che si inframezzano ai dialoghi dei tre amici sono funzionali alla ricerca e alla descrizione psicologica dei personaggi che portano sul palco. Alla corte di Danimarca il dubbio e l’ambiguità prevalgono, così come in tutto lo spettacolo. Sono sempre stati onesti l’uno con l’altro e con Nobru soprattutto? C’è la pazzia: Amleto si fingerà pazzo e farà discorsi senza senso per portare a termine i suoi piani di vendetta e qui è Gallo che sembra scivolare nella follia nel sentire l’amico scomparso. Certo non vuole vendicarsi di nessuno (o almeno sembra), ma poi sostiene che Nobru voglia la parte di Amleto e quest’ultimo sì che sembra cercare vendetta. 

Sul palco, per l’ora e mezza di messa in scena, sono in tre. In tre più uno. Perché per tutta la pièce è come se si sentisse, attraverso la sua assenza, la presenza dell’Amico, simboleggiata anche dall’unico praticabile mai utilizzato se non per appoggiare il cellulare quando arriva la chiamata di Nobru e al quale si rivolgono i tre amici. La regia di Erba è sapientemente aiutata dal disegno luci di David Barittoni (cromia “naturale” durante i dialoghi tra gli amici, luci forti, intense e dai tagli potenti e prepotenti quando i tre  salgono sui praticabili per declamare i versi shakespeariani), e dalla scelta musicale originale di Massimo Gagliardi che vengono utilizzati come punteggiatura di un testo già di per sé eccellente, come altri da noi applauditi del drammaturgo contemporaneo.

Le uscite di scena servono a descrivere il trascorrere del tempo e i tre interpreti riescono ulteriormente ad enfatizzare il metateatro del testo: la storia prende spunto da quella di Tognazzi, Marchetti e Sciarappa, ma loro “non” sono Gallo, Costa e Tito, come d’altra parte non sono Amleto, Marcello e Orazio, anche se in parte se ne riscoprono le caratteristiche. Bravi, tutti e tre. Nessuno dei tre è protagonista e nessuno dei tre soverchia l’altro. Anzi, il vero protagonista è, come abbiamo già detto, con la sua enorme assenza, la Presenza dell’Amico.

Sia nell’interpretazione, sia nell’esprimere un sentimento che va ben oltre la morte, gli applausi e la commozione sono meritati. Per uno spettacolo che, sulla scia della tragedia greca, ha veramente una funzione catartica, sia per gli interpreti che per il pubblico, perché si crea un’immedesimazione, una simbiosi tale da provare dopo una sorta di purificazione dell’anima, una sensazione di liberazione, di sprigionamento delle proprie energie e delle proprie emozioni. 

 

L’onesto fantasma: al Sala Umberto applausi e commozione con Gianmarco Tognazzi

Venerdì, 05 Maggio 2023

Come fa un gruppo di amici, affiatato nella vita così come sul palcoscenico, a ritrovare tale affinità dopo essersi perso? Attraverso la condivisione dei ricordi comuni legati a un amico e collega che è venuto a mancare. È da questo incipit che prende il via lo spettacolo al Teatro Sala Umberto di Roma, scritto e diretto da Edoardo Erba e interpretato da Gianmarco Tognazzi, Renato Marchetti e Fausto Sciarappa, sebbene la loro possa definirsi un’interpretazione realmente vissuta.

I tre attori vestono i panni di Gallo, Costa e Tito, e ricordano l’amico Nobru, anagramma di Bruno (Armando), prematuramente scomparso e che rappresentava il trait d’union del loro sodalizio artistico. Alla morte di Nobru la loro compagnia si è sciolta e ognuno è andato per la sua strada, chi mietendo successi e chi stentando ad arrivare a fine mese. È proprio per il disperato bisogno di lavorare che Costa e Tito decidono di coinvolgere Gallo, il più famoso dei tre, a portare in scena l’Amleto. Dapprima l’amico rifiuterà di tornare sul palco senza Nobru, finché non sarà proprio il suo “onesto fantasma” a convincerlo.

Delicato ed empatico si dimostra il testo scritto da Erba: il drammaturgo e regista dimostra di saper toccare un tema che è da sempre tabù nella nostra società, quello della morte. L’unico modo per affrontare la morte di una persona cara è vivere il doppio: sembra questo il messaggio che lo spettacolo intende trasmettere. E non solo. A una lettura più superficiale, la messinscena può apparire semplicemente come un doveroso omaggio all’amico scomparso, ma è molto di più. Resa con una passione rara dal trio Tognazzi-Sciarappa-Marchetti insieme a uno speciale cameo dello stesso Armando, la performance ambisce a diventare uno spettacolo dai toni universali. Si parte dal tema del lutto per esplorare la storia di un’amicizia profonda e radicata che passa attraverso la passione per il palcoscenico. Proprio per evocare lo spirito del teatro si sceglie un testo del maestro per eccellenza, Shakespeare, e il suo Amleto, che mai come in questo caso diventa la perfetta trasposizione della follia, dell’irrequietezza, della rabbia e del tormento che divora i tre personaggi.

A dare ancora più spessore e profondità a tali sentimenti contribuiscono le musiche originali di Massimiliano Gagliardi: quasi a rappresentare una sorta di punteggiatura dello spettacolo, permettono al pubblico di immedesimarsi tanto da sprofondare in quelle stesse emozioni vissute dai protagonisti. Grazie a un uso efficace delle tonalità musicali, il fantasma si trasforma da assenza in presenza e viceversa, al punto da lasciar intendere alla platea l’esistenza di quattro persone sul palco.

La figura di Bruno Armando, inoltre, è resa non solo dal racconto degli amici ma anche da videoproiezioni e da una struggente performance dello stesso Tognazzi. La sua vivida e folle interazione con il fantasma rispecchia lo sfogo di quanti, avendo perso una persona cara, non desiderano altro che tornare a parlare con lei come se fosse ancora viva. Innumerevoli e diverse sono le sensazioni che vengono a galla in quella che è una messinscena dalla significativa funzione catartica. Parafrasare la vita reale è più forte ed efficace del vivere la realtà stessa e “L’onesto fantasma” si rende una rara occasione di condivisione di emozioni, sensazioni e suggestioni tra attori e pubblico.

Dando vita a una storia dai temi universali quali l’amicizia, la morte e il teatro, Erba dimostra come il racconto di un’esperienza personale tra realtà e finzione paghi da entrambe le parti: gli attori rendono omaggio al proprio amico e al proprio lavoro, e il pubblico si gode il proprio momento catartico. La sua direzione artistica, inoltre, ha il pregio di aver saputo sfruttare l’ambientazione, la bravura attoriale e i tagli di luce per restituire un’esperienza teatrale avvolgente e coinvolgente. L’uso dell’Amleto è funzionale alla ricerca e alla descrizione psicologica dei personaggi che diventa tanto più viva grazie alle atmosfere buie di David Barittoni: proprio il gioco di luci e ombre è fondamentale per creare l’ambientazione ideale per l’apparizione del fantasma. Le tonalità luminose più naturali vengono scelte per illuminare i dialoghi tra gli amici, e diventano via via più intense e prepotenti quando si declama Shakespeare. Aiutano le scenografie di Alessandro Chiti che, essenzialissime, riescono meglio a rievocare quelle suggestioni intense bisbigliate dal testo, recitato con passione e coraggio da tre attori che si rivelano ben equilibrati sul palco. È la scansione ritmica del tempo attraverso le pause e i movimenti e le loro diverse fisicità che rende la messinscena elegante e sofisticata.

La pièce riesce nel suo intento di essere un racconto di vita e di teatro attraverso lo sviluppo in contemporanea di più storie, in cui l’assoluto protagonista resta sempre “l’onesto fantasma” con la sua pesante assenza.

 di Diana Della Mura

 

“L’ONESTO FANTASMA” CON GIANMARCO TOGNAZZI AL SALA UMBERTO

CI RACCONTA DI QUATTRO ATTORI E DI UNA GRANDE AMICIZIA

Roma. Cominciamo subito con il dire che questo lavoro teatrale, in scena al Teatro Sala Umberto di Roma, è una vera e propria testimonianza d’amore: un’esaltazione totale dell’amicizia, fino alle estreme conseguenze.

E poiché si parla di un episodio che si svolgein un contesto teatrale, abbiamo a che fare, come si è soliti dire, con il teatro nel teatro.

Nella narrazione, l’Autore e regista Edoardo Erba alterna volutamente momenti realistici a squarci shakespeariani: in pratica la commedia si trasforma in parte in un modo originale per  rileggere l’Amleto, però dal punto di vista del fantasma.

In definitiva, assistiamo al trionfo di un’amicizia speciale, che riesce a superare anche quel grande ostacolo che si chiama morte.

E da questa nebbia di dolore e tristezza, ecco apparire sul megaschermo la figura del “fantasma”, ovvero di Bruno Armando, l’attore scomparso nel 2020, prematuramente e drammaticamente: è questo l’omaggio sentito, pregno di amore e di nostalgia, che i tre protagonisti, Gian Marco Tognazzi, Renato Marchetti e Fausto Sciarappa, hanno voluto tributare all’amico e collega “assente”: facendo in modo che quell’assenza si trasformasse in qualche modo in una presenza anche se virtuale.

Il risultato è una pièce impegnativa, dai ritmi serrati e incalzanti, dove momenti e battute ironiche si alternano a contrasti drammatici, quasi violenti. Resi magistralmente dai tre protagonisti, che in qualche modo riescono a includere anche l’assenza di Bruno.

Come dice l’Autore: “I tre scoprono nel teatro il luogo dove l’elaborazione di un conflitto diventa poesia, trova un modo per farsi accettabile e consentirci di andare avanti.”

di Salvatore Scirè

L’ONESTO FANTASMA

con

Gian Marco Tognazzi, Renato Marchetti, Fausto Sciarappa
e  la partecipazione di Bruno Armando


drammaturgia e regia

Edoardo Erba


musiche originali   Massimiliano Gagliardi
scene  Alessandro Chiti
aiuto regia   Francesca Pentasuglia
disegno luci e fonico  David Barittoni
produzione  AltraScena


durata:  Atto unico di circa 90 minuti

 

prossimamente in scena

dal 2 al 7 maggio al Sala Umberto di Roma

da martedì a sabato alle ore 21,
domenica alle ore 17

SALA UMBERTO
Via della Mercede, 50 – Roma
prenotazioni@salaumberto.com

prezzi da 30€ a 25€ disponibili su www.salaumberto.comwww.ticketone.it